1.
Galileo di nuovo condannato da Joseph Ratzinger. In fatto di censura è proprio il caso di dire: «Da quale pulpito viene la predica!» Del vicesindaco Maria Pia non tiene conto parlare, ma per altri che fra il papa ed i colleghi scienziati preferiscono il papa è da chiedersi quale concetto della scienza abbiano mai. È probabilmente che siano i successori di Galileo nella cattedra che metaforicamente gli viene tolta quattrocento anni dopo, stando alle dichiarazioni riportati di Joseph Ratzinger. O vi è da aspettarsi un ritorno al sistema tolemaico oppure si pensa che dire scienza in fondo non sia altro che un'operazione meccanica come estrarre un dente cariato senza stare a pensar altro. Quanto poi al:
«La comunità universitaria attende con interesse l'incontro con Benedetto XVI, tuttavia non manca qualche contestazione e iniziative di tono censorio…»
evidentemente è già stata pronunciata in Vaticano una “scomunica”, giacchè io (per il mio 1/5000) non attendo affatto con interesse una simile visita e la giudico quanto mai inopportuna ed insensata. E mi chiedo con tanti luoghi dove poteva andare ed abitualmente va, perché mai dovesse venire proprio da noi. Certamente ci sono Colleghi che possono gradire una simile visita, ma avrebbero dovuto andare o loro direttamente alla Sala Nervi per baciare l’anello loro offerto, oppure in luogo dove avrebbero potuto esternare la loro confessionalità. Imporre invece la loro confessionalità ad altri Colleghi – fossero pure una minoranza (?) – è cosa del tutto inaccettabile e tale da autoescludere simili colleghi dalla comunità scientifica, a meno che per loro la comunità scientifica sia quella che ne rimane una volta depurata mediante il rogo di Giordano Bruno o il processo e la occhiuta “censura” di Galileo, durata tutta la vita, dopo che già fu costretto ad abiurare l’evidenza scientifica. È ignobile il servizio del tg di Stato che ha preteso di ribaltare la verità su Galileo, che non fu processato, bensì premiato!
2.
Parla Giro con i voti che raccoglie presso le sagrestie. Come tesserato di FI, elettore e raccoglitore di adesione al nuovo partito del popolo mi dissocio nettamente da Francesco Giro, che commette il grossolano errore di applicare al scienza i concetti di maggioranza e di minoranza. Per l’appunto, Galileo era in nettissima minoranza quando fu processato e Francesco Giro era dalla parte della maggioranza tolemaica, ed anche adesso si preoccupa non della scienza e della laicità, ma della sagrestia e dei voti che gliene possono venire con il suo cattolicesimo che sbandiera ad ogni riunione di partito. Se proprio vuole, Giro può portare il papa a far benedire la sede nazionale di FI a via dell’Umiltà e poi magari tutti i Circoli Brambilla: può darsi che ciò porti qualche voto in più alle prossime elezioni.
3.
Il profondo pensiero filosofico di Ratzinger. Così dice il Rettore Guarini, ma io non mi sono mai accorto di un “profondo pensiero filosofico” di Ratzinger. Penso che stia invece all’opposto del pensiero filosofico. Se fosse per lui, un pensiero filosofico – nato in Grecia – non sarebbe mai esistito. «"Le accuse anti-scienza che il Papa ha lanciato da cardinale le ha ribadite anche nella sua ultima enciclica. Lui è convinto che, quando la verità scientifica entra in contrasto con la verità rivelata, la prima deve fermarsi. Una cosa del genere in una comunità scientifica non può essere accettata".»
4.
Testimonianza mandata al Messaggero. – Trascrivo il testo da me rapidamente steso e mandato al Messaggero, non so se verrà pubblicato e non andrò a controllare, mentre invece mir riservo in ogni momento di migliorare o modificare i miei testi qui scritti di getto, avendo assai poco tempo a disposizione per curare la levigatezza formale e per quegli approfondimento che l’evento certamente richiede:
«Ho letto rapidamente i commenti già da voi pubblicati e non intendo fare polemica con quelli che non condivido. Sto anche leggendo in rete tutta la rassegna stampa sull’argomento. Mi dispiace di vedere da taluni (colleghi e politici papisti) attaccati quei colleghi, circa sessanta, che hanno firmato il documento di protesta. Se fossi stato messo al corrente della loro iniziativa (siamo in tutto 5000 docenti strutturati) e fosse stata chiesta la mia adesione, mi sarei aggiunto di buon grado. Per me, come “filosofo”, è mortificante la visita di un papa in quello che ritenevo dovesse essere il Tempio residuale della Scienza e di quel "sapere filosofico" con il quale per me papa Ratzinger non ha nulla a che fare.
So già quali potrebbero essere le obiezioni di determinati colleghi, ma io mi professo filosofo pre-cristiano e ritengo affatto distinti fede religiosa e filosofia o addirittura fede e scienza nel senso galileiano. Chi vuol praticare una filosofia ancillare, faccia pure, sono affari suoi: ognuno rischia in proprio! E lo stesso dicasi per chi intende la scienza come mero sapere pratico, allo stesso modo del sapere di un calzolaio o di un droghiere
Mi dispiace molto vedere espugnato e sacrificato l’ultimo tempio della laicità e del libero filosofare. Che molti colleghi, più tecnici che non scienziati e filosofi, ad incominciare dal Rettore, pensino nel loro privato di andarsi a genuflettere nelle innumerevoli chiese romane o in Vaticano, è cosa che riguarda il loro concetto di scienza e di filosofia, non ho nulla da obiettare loro, ma che non capiscano la “incongruità” dell'invito ad un soggetto che è la negazione vivente della scienza e del filosofare e parlino perfino del tutto a sproposito di “censura” (ma da quale pulpito viene la predica!) è cosa che insieme alle immondizie napoletane dà la misura del degrado totale al quale è giunto il nostro Paese».
Come già per l’anno scorso, andrò anche quest’anno all’inaugurazione dell’Anno Accademico, dove non potrà che assistere passivamente all’evento. Se saranno concesse forme di protesta lecite e nonviolente, mi unirò ad esse.
5.
Lettera di Marcello Cini. –
La lettera di Marcello Cini
apparsa su “Il Manifesto” e qui ripresa da Aprile Online
- testo integrale senza commento –
14 gennaio 2008
Era il 14 novembre del 2007 quando il professor Cini inviò la seguente lettera aperta " Se la Sapienza chiama il Papa e lascia a casa Mussi", pubblicata sul Manifesto
Signor Rettore, apprendo da una nota del primo novembre dell'agenzia di stampaApcom che recita: «è cambiato il programma dell'inaugurazione del 705esìmo Anno Accademico dell'università di Roma La Sapienza, che in un primo momento prevedeva la presenza del ministro Mussi a ascoltare la Lectio Magistralis di papa Benedetto XVI». Il papa «ci sarà, ma dopo la cerimonia di inaugurazione, e il ministro dell'Università Fabio Mussi invece non ci sarà più».
Come professore emerito dell'università La Sapienza - ricorrono proprio in questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico - non posso non esprimere pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene sostanzialmente l'obiettivo politico e mediatico.
Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico - rappresentato per tutti dall'esempio di Oscar Luigi Scalfaro nel corso del suo settennato di presidenza della Repubblica - non si sarebbe mai sognato di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull'incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università - da più 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza dalla Sua iniziativa.
Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c'è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose. I temi che sono stati oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell'ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe stata considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e più.
Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e conoscenza non vale più: «Nel profondo.., si tratta - cito testualmente - dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall'infima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio».
Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo islamico dall'accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e Allah - attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto all'imprevedibile irrazionalità del secondo - che sarebbe a sua volta all'origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione che i cristiani hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambiti parziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali - conclude infatti il papa - con l'intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda {sui perché di questo dato di fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare - alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccetabile del nostro ascoltare e rispondere».
Al di là di queste circonlocuzioni (i corsivi sono miei) il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino. Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.
Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per fare un esempio, l'appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo - condotto tra l'altro attraverso una maldestra negazione dell'evidenza storica, un volgare stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell'avversario - di ricondurre la scienza sotto la pseudo-razionalità dei dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e i loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria danwiniana dell'evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia evolutiva?
Non desco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto improvvida e lesiva dell'immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa (con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopo titoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sottile): «Il Papa inaugura l'Anno Accademico dell'Università La Sapienza».
Congratulazioni, signor Rettore. Il Suo ritratto resterà accanto a quelli dei Suoi predecessori come. simbolo dell'autonomia, della cultura e del progresso delle scienze.
Marcello Cini