martedì, dicembre 30, 2025

Chiavi di lettura della strategia della repressione in corso

 


Il nostro sistema di comunicazione è quella della condivisione, della catena di Sant'Antonio, per opporci alle reti televisive ed ai giornali della carta stampata che ogni ricevono dal governo 50 milioni come contributi all'editoria, milioni ai quali se ne aggiungono altri, noti ed ignoti, leciti ed illeciti. A fronte di questo fiume di danaro vengono criminalizzati 7 miserabili milioni di euro, raccolti in 20 anni direttamente dai cittadini, non certo erogati dallo Stato, destinati alla popolazione di Gaza. Che si tratti di una manovra spudoratamente repressiva ed intimidatorio non possono esserci dubbi di sorta. Non dobbiamo scoraggiarci, ma sapere che abbiamo davanti a noi questi nemici ed armarci contro di essi di tutta la notra creatività: la catena di Sant'Antonio!
L'articolo di Margherita Furlan che abbiamo trovato navigando per la rete offre una lucida analisi, alla quale vogliamo dare ulteriore diffusione, ripubblicandone il testo nel nostro blog. Non ho collegamentii con Margherita Furlan, ma credo di non farle cosa sgradita nel ripubblicare un suo testo senza essere riuscito a rintracciarla per averne il consenso.

Post di Margherita Furlan


La capitolazione al regime sionista
di Margherita Furlan
In una mossa che solleva gravi interrogativi sulla libertà di espressione e sul diritto all’azione politica, stamani le autorità italiane hanno arrestato Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia, insieme ad altre otto persone. L’accusa? Aver “presumibilmente” finanziato Hamas con oltre sette milioni di euro attraverso associazioni benefiche. Dietro questa operazione, coordinata dalla Procura di Genova e dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, si nasconde un pattern preoccupante: la criminalizzazione sistematica di chi osa criticare - osteggiare non già è possibile - le azioni del regime sionista e sostenere la causa palestinese.
Mohammad Hannoun, architetto sessantatreenne giordano di origine palestinese residente a Genova da decenni, è una figura di spicco nel movimento pro-Palestina in Italia. Fondatore dell’Associazione Benefica di Solidarietà con il Popolo Palestinese (ABSPP), ha organizzato raccolte fondi per aiuti umanitari a Gaza, denunciando pubblicamente il genocidio perpetrato da Israele. Oggi viene etichettato come “capo della cellula italiana di Hamas” e “membro del comparto estero dell’organizzazione terroristica”.  Questa narrazione non solo ignora il contesto umanitario delle sue attività, ma sembra progettata per silenziare ogni forma di solidarietà con il popolo palestinese. E, in futuro, con qualsiasi altro popolo che oserà chiedere di sopravvivere in mezzo alla follia.
Il movimento pro-Palestina, che in Italia e in Europa ha guadagnato slancio negli ultimi anni grazie a proteste di massa e campagne di sensibilizzazione, è stato inizialmente tollerato – se non addirittura propagandato – come espressione di valori democratici e diritti umani. Manifestazioni oceaniche a Roma, Milano e altre città hanno visto centinaia di migliaia di persone scendere in piazza per chiedere la fine del genocidio a Gaza.
Le pressioni del regime israeliano sui governi alleati si sono così sempre più evidenziate, tanto da portare a una vera e propria criminalizzazione delle idee a favore della vita e del sostentamento del popolo di Palestina. Israele, attraverso la sua potente macchina economica, propagandista e di intelligence, ha da tempo etichettato qualsiasi critica alle sue politiche e la solidarietà verso un popolo che subisce un genocidio come “antisemitismo” o “sostegno al terrorismo”, spingendo Paesi come l’Italia, un tempo cuore del dialogo con il vicino Oriente, a reprimere attivisti e associazioni. 
L’arresto di Hannoun non è un caso isolato. Negli ultimi mesi, abbiamo assistito a una escalation globale di repressione: sanzioni a Francesca Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, divieti di manifestazioni in Germania, arresti di studenti negli Stati Uniti, limitazioni e blocchi dei cortei con conseguenti scontri con le forze dell’ordine in Italia. Il regime israeliano, messo in discussione dalla comunità internazionale, sta cercando di soffocare ogni voce critica. Prima, il movimento pro-Palestina veniva usato come valvola di sfogo per le tensioni sociali; ora, viene demonizzato per giustificare una stretta autoritaria.
Insieme ad Hannoun, anche Anan Yaeesh, Ali Irar, Mansour Doghmosh e Ahmed Salem sono finiti in manette, con le loro case perquisite da forze antiterrorismo e milioni di fondi sequestrati. Secondo Hannoun andrebbero usati per progetti civili e aiuti a famiglie di martiri e prigionieri sotto assedio – non per armi, ma per la sopravvivenza nell’inferno creato da Israele. Gli inquirenti affermano invece che il 71% dei fondi è già andato a entità legate a Hamas, inclusi familiari di attentatori. Questa etichettatura terroristica ignora però deliberatamente il contesto: Gaza è governata anche da Hamas e ogni aiuto umanitario finisce inevitabilmente in strutture collegate. È un pretesto per criminalizzare la resistenza palestinese e isolare la diaspora.
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha lodato l’operazione come un “velo squarciato” su attività terroristiche, ma chi difende i diritti palestinesi vede solo un altro capitolo di repressione, una maschera che esporta il modello israeliano di silenzio forzato in Europa. Chi è il vero terrorista? E chi decide quando e con chi sia legittimo utilizzare il termine “terrorista”?
Non è ironico che, mentre Israele continua a ricevere miliardi in aiuti militari dall’Occidente, chi raccoglie fondi per aiuti umanitari a Gaza venga accusato di terrorismo. L’Italia, terzo esportatore di armi a Israele, collabora con l’imperialismo USA e sionista; nel frattempo, l’Autorità Palestinese traditrice taglia aiuti alle famiglie dei martiri per compiacere gli occupanti. L’ipocrisia è nauseante: le indagini spiegheranno - forse - se trattasi di corruzione, frode o altro reato finanziario nel caso specifico di Hannoun. Resta il fatto che da oggi chi raccoglie spiccioli per medicine e cibo potrà essere marchiato come terrorista; Tel Aviv trasforma così l’Occidente in un’estensione del suo apparato repressivo.

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