sabato, dicembre 20, 2025

Selezione di articoli da Michele Leonardi: N° 1: L'aula come campo di battaglia: gli studenti italiani si ribellano al genocidio

Il primo articolo di Michael Leonardi è giunto alla mia attenzione da una traduzione italiana di un testo molto bene argomentato a sostegno di Francesca Albanese ormai in attacco costante da parte dei governi, incluso quello italiano, per non parlare della stampa e delle televisioni di regime, orribili quanto idioti i talk show dove compaiono i soliti con un pubblico che applaude a bacchetta. È chiaro che la guerra in corso si combatte non solo sui campi di battaglia del Vicino Oriente, Gaza in primis, dove è in atto un genocidio che il nostro governo, quello di Giorgia, ed i suoi sostenitori, non vogliono riconoscere nella sua evidenza empirica, e solo per questo se ne rendono "complici". Si combatte anche e forse soprattutto, non meno aspra, sul piano della comunicazione mediatica e della propaganda, che non è informazione volta a trasmettere conoscenza di fatti separati per quanto possibile dalle opinioni e dalle posizioni, ma è invece deliberata cancellazione e manipolazione dei fatti a sostegno della guerra genocida in corso, che avrà tanto più successo quanto più si riuscirà a farla accettare ad opinioni pubbliche ingannate e manipolate. Come possiamo contrastare tutto questo? Oggi, per fortuna, pur con tutti i limiti che conosciamo e con le censure che ci sovrastano, è possibile una forma di comunicazione "orizzontale" dove ognuno può comunicare con ognuno in una sorta di catena di Sant'Antonio. In questo spazio ci collochiamo anche noi in questo blog che abbiamo riattivato dopo un ripetuta censura e disattivazione da parte di facebook. Neppure di questo spazio siamo del tutto sicuri, ma finora non è stata applicata sui nostri blog quella stessa censura che abbiamo avuto da facebook. Pubblichiamo nostri propri testi, ma anche testi di altri autori i cui temi rientrano, si combinano, si integrano nel nostro spettro informativo e riflessivo. Michael Leonardi ci ha autorizzati a poter far libero uso dei suoi articoli, che vediamo pubblicati in lingua inglese dal Counter Punch, di cui daremo sempre il link originale, accanto alla traduzione automatica in lingua inglese, che sarà corretta via via che se ne individueranno i limiti. Su un modello già collaudato, ogni testo di Michele sarà preceduto da una prefazione come questa, e seguita in calce da eventuali annotazioni. I lettori del blog hanno a loro disposizione gli appositi commenti, che sono liberi salvo aperte violazioni di legge che porterebbero a sanzioni penali ed anche alla chiusura del blog.

Fotografia di Michael Leonardi

In Italia, il suono della campanella che segna l'inizio della giornata scolastica è suonato ultimamente come una chiamata alle armi: non alla guerra, ma contro di essa.

Mentre il governo italiano sostiene attivamente la macchina geopolitica che consente il genocidio a Gaza, nei corridoi dei licei storici del Paese si sta forgiando un diverso tipo di politica. Da Milano a Palermo, un'ondata di occupazioni studentesche ha travolto il Paese, facendo rivivere una tradizione di resistenza profondamente radicata. Ma questa volta, gli striscioni appesi alle finestre non chiedono solo migliori finanziamenti per le scuole; chiedono la fine del massacro dei palestinesi e la resa dei conti con la complicità dell'Occidente.

La tradizione dell'occupazione

Per comprendere la gravità di questo momento, è necessario comprendere il DNA unico dell'attivismo studentesco italiano. Dall'"Autunno Caldo" del 1969 e dai movimenti del 1977, l'occupazione è stata un rito di passaggio. Non è un semplice sciopero; è un atto di rivendicazione dello spazio. Gli studenti prendono fisicamente il controllo delle loro scuole, dormendo nelle palestre, sostituendo i programmi scolastici imposti dallo stato con dibattiti auto-organizzati e trasformando l'istituzione in una fortezza del pensiero politico.

Oggi su quella fortezza sventola la bandiera palestinese.


Dentro la Fortezza: una visita al Tasso occupato

Per comprendere il cuore di questo movimento, bisogna entrare. Lara mi ha accolto alle pesanti porte di legno del Liceo Tasso di Roma, uno dei licei più prestigiosi e storici della capitale. Mi ha guidato oltre le barricate – muri costruiti con banchi e sedie ammucchiati, un rifiuto fisico della routine quotidiana – per presentarmi ai protagonisti di questa rivolta.

Nei corridoi occupati, ho incontrato Salvatore, Maria, Enrico e Marcos, i coordinatori dei comitati studenteschi del Tasso e del vicino Liceo Righi. Non sono i "vandali senza cervello" descritti dalla stampa di destra; sono eloquenti, feroci e politicamente sofisticati.

"Il governo viola apertamente la Costituzione italiana", mi ha detto Salvatore, con la voce che si faceva sentire nel frastuono dell'assemblea. "L'articolo 11 stabilisce che l'Italia ripudia la guerra, eppure il nostro governo è al servizio dell'economia di guerra, fornendo armi e copertura diplomatica a un regime genocida a Gaza. Non rappresentano il popolo; rappresentano gli appaltatori della difesa".

Maria ha approfondito l'intersezionalità della loro lotta. "Non si può separare Gaza dalla guerra di classe in corso qui", ha spiegato. "Lo stesso sistema che impone la stratificazione di classe in Italia e ignora la catastrofe climatica – lo stesso sistema contro cui ci battiamo nei Fridays for Future – è lo stesso sistema che sgancia bombe sulla Palestina. È un singolare meccanismo di oppressione".


Il rifiuto delle bugie tradizionali

Ciò che è emerso chiaramente parlando con Enrico e Marcos è che lo Stato ha perso la capacità di controllare la narrazione. Gli studenti possiedono una comprensione approfondita del sionismo, osservandolo non attraverso la lente del senso di colpa europeo, ma attraverso la chiara realtà del colonialismo d'insediamento.

"Non riceviamo più le nostre notizie dai media mainstream", ha detto Enrico, liquidando la pila di giornali istituzionali e canali televisivi mainstream. "Sappiamo che sono al servizio dell'economia di guerra criminale e della struttura di potere. Vediamo la realtà sul campo a Gaza attraverso fonti dirette. Sappiamo che l'antisionismo non è antisemitismo, nonostante quanto disperatamente le forze sioniste cerchino di usare questa accusa come arma per metterci a tacere".

Lola Serrante del Liceo Righi, studentessa attivista sedicenne, ha offerto una diagnosi scottante di questo fallimento democratico in una riflessione scritta. "Sebbene sulla carta la nostra rimanga una democrazia", ​​scrive, "i rappresentanti di questo Paese omettono i propri difetti... pesando le parole per confondere, coprire e, ancora una volta, distogliere lo sguardo". Conclude con una sfida che caratterizza la sua generazione: "Non ci lasceremo intimidire: resteremo dalla parte giusta della storia e, se necessario, dalla parte giusta della barricata".


Insegnanti che rompono il silenzio: l'esempio del Liceo Plinio

Fondamentalmente, gli studenti non sono soli. In un silenzioso ma potente atto di sfida, un numero crescente di insegnanti si rifiuta di essere neutrale. Sfidando l'effetto paralizzante delle circolari ministeriali, gli educatori stanno trasformando le loro aule in spazi di indagine critica.

Un esempio lampante si è verificato al Liceo Plinio, dove insegnanti e studenti hanno organizzato insieme le "Giornate della Palestina". Hanno trasformato la scuola in un centro di verità, invitando rappresentanti della comunità palestinese, avvocati per i diritti umani, giornalisti e partecipanti alla Global Sumud Flotilla a parlare della realtà dell'occupazione.

Quando i critici della comunità si lamentarono che queste assemblee erano "unilaterali" e "di parte", l'attivista e regista Michela Occhipinti, che partecipò agli eventi, rispose in modo devastante: "Invitare una prospettiva sionista sarebbe come invitare una prospettiva nazista durante l'Olocausto".


Azione diretta e panico dello Stato

Questo rifiuto di essere messi a tacere si è riversato nelle strade di Torino durante l'ultimo sciopero generale nazionale del 28 novembre. Gli studenti hanno fatto irruzione nella sede del quotidiano nazionale La Stampa, scrivendo slogan contro la "scorta mediatica" del genocidio, per la liberazione della Palestina e per la libertà di un imam musulmano che vive in Italia da oltre 20 anni. Mohamed Shahin è stato minacciato di estradizione dal Paese dal governo Meloni per aver affermato che "il 7 ottobre è stato un atto di resistenza". Hanno accusato la stampa italiana di aver insabbiato i crimini israeliani. Mentre il presidente Mattarella e i media li hanno unanimemente etichettati come "criminali violenti", gli studenti si considerano coloro che dicono la verità e denunciano la complicità dello Stato e dell'establishment mediatico.

La paura dello Stato è palpabile. Mentre Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, ha parlato in videoconferenza alle assemblee studentesche nelle ultime settimane, la reazione del governo Meloni è stata repressiva. Giuseppe Valditara, il Ministro dell'Istruzione neofascista, ha avviato un'indagine sulle scuole che l'hanno ospitata. Il governo è terrorizzato dal fatto che gli studenti stiano imparando il quadro giuridico del genocidio da un esperto delle Nazioni Unite invece di accettare la propaganda dello Stato.


Una nuova resistenza

Gli studenti che ho incontrato – Lara, Salvatore, Maria, Enrico, Marcos e Lola – citano la Global Sumud Flotilla come una delle principali fonti di ispirazione. Si considerano il "motore" del movimento, insieme ai palestinesi della diaspora, ai lavoratori portuali di Genova e ai sindacati di base come USB – l'energia che alimenta gli scioperi generali e le marce nazionali.

Tornando indietro, oltre le barricate del Liceo Tasso, diventa chiaro che i media sbagliano. Questi non sono ragazzi ingenui. Sono la coscienza morale di una nazione che ha perso la strada. Sanno che quando lo Stato è complice di un genocidio, l'unico posto onorevole in cui stare è la Resistenza.

Michael Leonardi vive in Italia e può essere contattato all'indirizzo michaeleleonardi@gmail.com

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